venerdì 19 dicembre 2008

La difesa di D'Alfonso

«Mai chiesto soldi alle imprese, nessun imprenditore può dire di avermi dato i soldi». Luciano D'Alfonso si è difeso così ieri durante le tre ore e venti minuti di deposizione nell'aula sei del tribunale di Pescara. L'ex sindaco di Pescara, davanti al giudice Luca De Ninis e al pubblico ministero Gennaro Varone, si è difeso dalle accuse di associazione per delinquere, corruzione, concussione, truffa e peculato: quasi un monologo, con decine di documenti portati a sostegno della sua causa. Questa volta D'Alfonso non ha scaricato le colpe su Guido Dezio, il più fedele del suo staff, arrestato insieme a lui la stessa sera di quattro giorni fa. E all'accusa di aver preso tangenti da Carlo Toto, patron di AirOne e suo testimone di nozze, sotto forma di vari tipi di regali, l'ex sindaco ha spiegato che «Carlo è un amico di vecchia data, è una persona generosa, lo faceva con me come lo ha fatto con tutti». Il già citato Dezio invece ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere e di presentare la richiesta di revoca degli arresti domiciliari.
gm

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