Rischia il carcere chi abbandona un anziano bisognoso di cure. Lo si evince da una sentenza con cui la Cassazione ha confermato la condanna a 4 mesi di reclusione (pena sospesa con le attenuanti generiche) inflitta dalla Corte d'appello di Palermo ad una donna che aveva lasciato solo il marito, ritrovato dal figlio in stato di grave degrado. L'imputata era in casa di villeggiatura quando il figlio aveva denunciato la situazione - poi verificata dalla polizia giudiziaria - in cui aveva trovato il padre, in una stanza adiacente all'abitazione della madre e di un'altra figlia, sporco, maleodorante e solo. L'imputata aveva presentato ricorso in Cassazione, lamentando mancanza di motivazione sul collegamento tra la situazione di incuria in cui il marito era stato trovato e l'asserito stato di incapacita' di costui, che, invece, aveva reso dichiarazioni "lucide, coerenti e logiche, dimostrando la propria capacita' di determinarsi e correttamente porsi nel tempo e nello spazio". La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della donna ricordando che, in base all'articolo 591 cp (abbandono di persone minori o incapaci), "la vecchiaia, al pari di altre non specificate, e' intesa causa di incapacita' dell'offeso di provvedere a se stesso, alternativa all'infermita' fisica o mentale della persona abbandonata. Essa - si legge ancora nella sentenza - implica la 'cura' della persona incapace, se non la sua 'custodia', perche' le siano assicurate le misure necessarie per l'igiene propria e dell'ambiente in cui vive". Pertanto, "l'abbandono - sottolineano i giudici di 'Palazzaccio' - integra in tal caso l'estremo di condotta criminosa da cui dipende l'evento di pericolo". Questa, dunque, "la premessa maggiore - osservano gli alti giudici - e risulta incensurabile la premessa minore della sentenza che, preso conto della vecchiaia e di taluna infermita', a fronte delle pessime condizioni igieniche personali ed ambientali in cui e' stato ritrovato l'offeso, ha ritenuto il suo abbandono in stato di incapacita' di provvedere ai propri bisogni elementari". E' "evidente", infine, che "non e' affatto decisivo - conclude la Suprema Corte - ai fini di tale particolare incapacita', l'argomento della lucidita' delle dichiarazioni dell'offeso".
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