In carcere con l'accusa di favoreggiamento reale, ricettazione e incendio doloso e' finito anche il padre di uno dei due ragazzi rom -di 15 e 17 anni- accusati dell'omicidio di Antonio De Meo. L'uomo, un commerciante di 40 anni di Alba Adriatica, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri della compagnia di Alba Adriatica e dal nucleo investigativo di Teramo, ha bruciato lo scoooter a bordo del quale il figlio si e' dato alla fuga dopo il delitto. Al genitore il quindicenne aveva raccontato, pochi istanti dopo la tragedia, di aver investito una persona. Il padre, credendogli, ha cercato di cancellare ogni traccia sia dello scooter sia di eventuali macchie di sangue. E' stata questa la svolta alle indagini: il ciclomotore, risultato rubato a Giulianova il 3 luglio, e' stato dato alle fiamme in un sottopasso ferroviario di Alba Adriatica. Il commerciante ha cosparso di benzina il 'cinquantino' appiccando il fuoco per poi allontanarsi a bordo della sua vettura, ma e' stato notato. Quando sul posto sono arrivati i carabinieri, subito si e' capito che si trattava di incendio doloso in qualche modo collegato all'omicidio della vicina Villa Rosa. Sono scattate immediatamente le ricerche che hanno portato all'individuazione dell'auto, il cui modello non passa inosservato, e del quarantenne che agli investigatori ha raccontato di non sapere quello che in realta' era successo. I due ragazzini sono ora rinchiusi in un istituto per minori di Ancona, mentre un terzo non e' imputabile perche' minore di 14 anni. Scagionato, invece, un altro 14enne che avrebbe solo assistito all'aggressione. Intanto l'autopsia sul corpo di De Meo, prevista per domani, accertera' le cause del decesso. Lo studente di biologia di 23 anni, cameriere stagionale all'hotel Maxim's di Villa Rosa, avrebbe ricevuto tre colpi a ripetizione sferrati dai tre ragazzi. Uno alla tempia, il secondo al viso e il terzo sotto l'orecchio, mentre era di spalle. De Meo e' caduto due volte a terra ma e' stramazzato senza piu' dare segni di vita quando ha cercato di rialzarsi per rimettersi gli occhiali dopo l'ultimo violento pugno. A quel punto gli aggressori, accusati di omicidio preterintenzionale con l'aggravante di aver agito per futili motivi, sono fuggiti in sella ai loro scooter, senza sapere di avere ucciso il giovane. Ieri mattina si sono presentati poi spontaneamente con i loro avvocati in caserma e hanno collaborato alla ricostruzione dei fatti. In compagnia sono state ascoltate una quindicina di persone la cui collaborazione e' stata essenziale per chiudere il cerchio intorno agli assassini. Quanto alle cause che hanno scatenato la folle reazione dei ragazzi rom, gli inquirenti confermano i futili motivi tra cui il sospetto di una bicicletta rubata, un'offesa personale e parole grosse che sarebbero volate tra la vittima e i suoi aggressori.
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